00 20/04/2008 12:03
Nuova intervista a Licia Troisi fatta da Sergio Paoli.

Vi invito a leggerla, perché è davvero interessantissima (Licia accenna anche al prossimo lavoro sul Mondo Emerso [SM=g27832]).
Non c'è niente da fare, Licia, ogni volta che leggo una tua intervista non posso far a meno di pensare quanto tu sia una persona davvero interessante, intelligente, ed in gamba. [SM=g27817]
Mi sono piaciute moltissimo le tue parole:
Quello che non c'è è quello che ci rifiutiamo di vedere.
La trovate QUI ma preferisco copiarla anche in questa discussione:


Ciao, Licia, e grazie per tua disponibilità.

Grazie a te per l'opportunità


Ti troviamo appena rientrata da Barcellona, se non sbaglio. Io la ho trovata una città fantastica. Tu? Cosa ti porti dietro? Ti è venuta voglia di scrivere qualcosa ambientato nella Sagrada Familia?

Mi è piaciuta tantissimo. Piena di colori, originale, fantasiosa...la cosa che mi ha colpita di più è stata Parc Güell, sembra di aggirarsi per le rovine di Atlantide.
Per ora il mio viaggio ha prodotto solo un centinaio di foto e un lungo post sul mio blog. In futuro chissà se porterà anche ad altro...


Perché hai scelto di scrivere principalmente testi fantasy, o comunque a sfondo magico? Cosa rappresenta questo genere (se di genere si può parlare) per te?

Non è una risposta facile da dare. Ho cercato una storia per molti anni senza riuscire a trovarne nessuna che sentissi così profondamente da spingermi alla scrivania per scriverla. E poi, una sera, è venuta fuori Nihal. Probabilmente il fantasy semplicemente mi appartiene in modo molto profondo, è l'ambientazione nella quale la mia creatività si esprime al meglio.
Da un punto di vista più razionale, posso dire certamente che del fantasy mi piace l'ambientazione non tecnologica, che mi permette di mettere in evidenza l'elemento naturale, che sento mancare molto nella mia vita, o il concetto di duello all'arma bianca inteso come scontro tra due differenti visioni della vita.


Ti ricordi qual è la prima cosa, che ritieni significativa, in assoluto che hai scritto? A chi la hai fatta leggere? E ricordi cosa ti hanno detto?

Si tratta delle favolette che scrivevo a sette anni. I miei le hanno anche raccolte in un librino che sta nella loro libreria. Non ricordo esattamente cosa mi dissero al riguardo i miei, che erano i miei unici lettori, ma il fatto che abbiano voluto conservarle e addirittura rilegate è significativo


E la prima cosa in assoluto che ti ricordi di aver letto? Ricordi qualche brano o titolo in particolare? Ricordi se qualcuno ti dava consigli di lettura?

Era un libro che raccontava il film di Alice nel Paese delle Meraviglie di Walt Disney. Era il Natale del 1986, avevo da poco iniziato la scuola. Faticavo a leggere, e tenevo il segno col dito, ma era assolutamente determinata ad arrivare fino all'ultima pagina, per cui mi sforzavo di andare avanti anche se trovavo un po' di difficoltà.
Negli anni successivi, ho più che altro attinto alla libreria dei miei, che è piuttosto vasta


Tu sei laureata in fisica, o meglio, astrofisica, e questo è anche il tuo lavoro. Che rapporto c’è tra lavorare nel campo dell’astrofisica e scrivere?

Le due cose hanno qualche insospettabile punto di contatto. La scienza vive anche di creatività, anche se di quel tipo particolare che chiamiamo intuizione, e la scrittura ha bisogno di disciplina, o meglio, io ho bisogno di disciplinare la mia creatività.
Per il resto, sono due strade parallele nella mia vita, due interessi che ho più o meno sempre avuto e credo continuerò sempre ad avere.


Chi sono e cosa rappresentano Dubhe e Nihal, per te?

Nihal è il personaggio che mi ha permesso di fare della scrittura il mio lavoro, mi ha cambiato la vita. Per questo la amo e la odio al tempo stesso; per me è anche una figura un po' ingombrante, il mio primo personaggio, per altro molto amato dai lettori...
Dubhe è una figlia più amata, alla quale tendo a perdonare un po' tutto, e che ho raccontato con grandissimo piacere.
Entrambe, poi, sono ovviamente miei alter ego, almeno in parte; Nihal è la mia adolescenza, Dubhe il periodo di mezzo dopo la mia laurea


Nei tuoi personaggi c’è qualcosa della tua visione del presente del nostro paese, o del mondo in generale?

Indubbiamente. Il tema del diverso e del razzismo, la problematica del fanatismo, il rifiuto della guerra, sono tutte cose che ho cercato di infondere nei miei libri, in parte in modo inconscio (la scrittura è una cosa piuttosto intima, e quindi rispecchia molto il sentire dell'autore), in parte volontariamente


Cosa hai amato e ami nei lavori di Jonathan Stroud?

L'ironia, la capacità di rappresentare in modo assolutamente impietoso, ma al tempo stessostroud divertente e appassionante, gli aspetti più meschini e imbarazzanti della nostra società, la scrittura, semplice ma capace di coinvolgere profondamente


Ho letto in una tua intervista “Il fantasy….propone grandi temi cui l’uomo è sensibile da sempre”. A cosa ti riferivi?

Al fatto che tendenzialmente il fantasy tratta di tematiche "alte": la lotta tra bene e male, per dirne una scontata, ma anche problematiche esistenziali. Spesso propone la visione di un'umanità spinta da bisogni più alti, da grandi ideali che stentiamo invece a ritrovare nella realtà che ci circonda. È una specie di invito ad essere migliori di noi stessi, a recuperare anche la dimensione più pensosa e profonda della nostra esistenza


Al di là del genere fantasy, che scrittori ami e cosa leggi?

Leggo di tutto, a parte forse la saggistica e la poesia, che frequento poco. Mi piacciono i noir italiani e in genere preferisco la nostra letteratura nazionale, forse anche perché di recente mi è capitato di non essere del tutto soddisfatta di certe traduzioni. Se posso, ogni tanto leggo anche in lingua originale. Mi piacciono molto Camilleri, Ammaniti, Marquez. Il mio libro preferito è Il Nome della Rosa, letto dieci volte.


Quale è stata la tua fiaba preferita?

Sinceramente non ne avevo una del cuore. Però ricordo che sull'antologia delle medie avevo una versione de I Sei Cigni dei Grimm che mi piaceva tantissimo


Come si fa a non scrivere cose pallose?

Domanda da un milione di dollari. Credo occorra essere un po' schizofrenici, e non perdere mai il punto di vista del lettore mentre si scrive. Io personalmente mi affido anche al mio lettore di fiducia, il marito, che uso a mo' di cavia; gli faccio leggere quel che scrivo e poi lo interrogo cercando di capire se ho ottenuto gli effetti che desideravo


Ti cito una cosa di Sandro Veronesi: “La ragione per cui scrivo la conosco.
Scrivo perché mi è necessario, è una cosa mia, una funzione ormai obbligatoria del mio cervello e del mio corpo, come dormire, come sognare. La ragione per cui scrivo quello che scrivo, invece, di volta in volta mi è ignota: ma arrivare ad affermare questo, per me, è stata una conquista.” Cosa ne pensi?


Che sono sostanzialmente d'accordo. La scrittura deve sempre essere un bisogno, o cessa di avere senso. Ma in effetti spesso è difficile ricostruire perché si finisce a parlare di determinati argomenti e tematiche. Ci si riesce solo a lavoro finito, quando, guardando l'opera nel complesso, si capisce di essersi liberati di determinate ossessioni. Credo abbia a che fare con la funzione terapeutica della scrittura.


Che rapporto mantieni con i tuoi lettori?

Molto buono, mi sembra. Ci sentiamo sul blog e sul forum del mio sito, ci vediamo spesso nelle numerose presentazioni che faccio in giro per l'Italia. Mi piace confrontarmi con loro, guardarli in faccia e sentire direttamente da loro un giudizio su quel che scrivo
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Su cosa stai lavorando o hai appena finito di lavorare?

Sono al lavoro su una nuova storia ambientata nel Mondo Emerso. Sono al settimo capitolo, ancora all'inizio, per cui non mi azzardo a dare ulteriori particolari. Le prime stesure dei miei libri spesso sono molto diverse dalle versioni definitive


Perdona se snocciolo qualche dato: in Italia si stampano circa 53.000 titoli l'anno, più di 100 al giorno quindi; il 60% sono prime edizioni; il resto ristampe o riedizioni; sono considerati forti lettori coloro che leggono 1 libro al mese ; ci sono 4.000 editori: solo 1.000 sarebbero reperibili nel normale circuito librario: poche decine sono quelli che vediamo in prima fila; in un anno si stampano 300 milioni di copie e se ne vendono 150 milioni. Perché allora uno dovrebbe desiderare di fare lo scrittore?

Altra domanda da un milione di dollari. Personalmente, non ho mai davvero pensato di fare la scrittrice. Tornando a Veronesi, ho scritto perché ne avevo bisogno, ho spedito il manoscritto alla Mondadori come atto di rispetto nei confronti di un lavoro su cui avevo speso molte energie, e che mi aveva profondamente coinvolta.
Adesso, faccio questo lavoro perché ne ho ancora bisogno, perché ho scoperto che scrivere condividendo le proprie storie ha dei risvolti piacevoli che la scrittura solitaria non offre. Ma se un domani dovessi smettere di vendere, e non trovassi più editori, continuerei a scrivere ugualmente. È una cosa che fa parte del mio modo di essere


Tu, perché desideri continuare a fare lo scrittrice?

Per i risvolti piacevoli di cui sopra. Essere letti vuol dire condividere la propria esperienza di vita, comunicare con persone sconosciute ad un livello molto profondo, e questo mi piace. Dà un nuovo senso a questo mio vizio solitario delltutta la vitaa scrittura.


Ti piacerebbe fare qualche esperienza di scrittura nel mondo del cinema? Quale film ti ha colpito recentemente?

Perché no? Sarebbe un'esperienza totalmente nuova. La scrittura per il cinema è molto diversa da quella letteraria.
Di recente mi è piaciuto molto Tutta la vita Davanti di Virzì, un regista che amo molto. Un film che non parla semplicemente di precariato, ma che punta il dito in modo netto ed efficace contro un intero sistema sociale e produttivo che non fa altro che generare automi, che ci sta privando della nostra anima. Un film veramente necessario.


Che musica ascolti? So che ti piacciono i Muse…

Sì, li adoro, costituiscono un buon 60% di ciò che sento. Per il resto, rock (Nirvana, Placebo, System of a Down, Green Day), cantautori italiani (De André, Gaber, Gazzé, Cristicchi) e classica (Bach sopra tutti)


Secondo Miles Davis, “non bisogna suonare quello che c’è, ma quello che non c’è”. Come fa uno scrittore a scrivere “quello che non c’è”?

Pensando forse a quello che dovrebbe esserci. O meglio ancora scavando in quello che c'è, cercando di portarne alla luce l'essenza. Quello che non c'è è quello che ci rifiutiamo di vedere.


Oggi hai dei sogni? Quali?

Non amo molto i cambiamenti, o forse sono influenzata dal fatto che da poco è stato il mio primo anniversario di nozze, ma vorrei che tutto restasse così: poter continuare a fare il lavoro che amo, vivere con la persona che ho scelto, e magari avere dei figli da qui a un paio di anni



giovedì, 17 aprile 2008







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